Circa 2500 anni fa, Ippocrate affermava che responsabile della malattia è lo squilibrio tra gli umori del corpo. Tale concezione è di importanza fondamentale per la storia della medicina psicosomatica e la PNEI poiché inserisce il “temperamento” individuale come elemento sostanziale che, in ciascuna persona, determina o meno lo stato di salute. La sua “costituzione”, e cioè il tipo “sanguigno”, “flemmatico”, “bilioso” e “melanconico”, esprimerebbero, in buona sostanza , il carattere e il “modo di porsi nel mondo” di ciascuno di noi, e i diversi modi di reagire agli agenti disfunzionali. Ad Ippocrate si rifà anche Galeno e tale impostazione si manterrà per tutto il Medioevo e il Rinascimento.
Quando nel Seicento, con la scoperta del microscopio, la medicina afferma che l’organismo è regolato da forze meccaniche e fisico-chimiche, il filosofo Cartesio suddivide la realtà in res cogitans (realtà psichica) e res extensa (realtà fisica) e ciò influenzerà tutta la medicina successiva fino a definire la medicina moderna.
Ma “come possono interagire res extensa e res cogitans nell’uomo?” S’interroga Cartesio. Con un’intuizione sorprendente per l’epoca, il filosofo – scienziato risolve la questione indicando una relazione tra i due aspetti della realtà attraverso la “ghiandola pineale” (epifisi) che, per motivi che sono stati poi individuati e indicati più avanti, non è stata più oggetto di studio e approfondimento.
Importante quattro secoli più tardi il contributo della Psicologia che, con Sigmund Freud, indica come un contenuto psichico, qualora represso, sia capace di provocare importanti modificazioni corporee, e del suo allievo Wilhelm Reich che introduce nella psicoanalisi l’osservazione e il lavoro analitico sul corpo. Ciò offrirà lo spunto ad Alexander Lowen, paziente e allievo di Reich, per sviluppare l’analisi bioenergetica, metodica psicoterapeutica, unica nel suo genere, che riconsidera la mente e il corpo come un’unità funzionale, inscindibile. La bioenergetica associa il lavoro sul corpo a quello sulla mente aiutando le persone a risolvere i propri problemi esistenziali e relazionali e a realizzare al meglio le proprie capacità di provare piacere e gioia di vivere. Tra gli anni quaranta e cinquanta, Franz Alexander, uno dei fondatori della psicosomatica, afferma che gli stati conflittuali, attraverso la mediazione del sistema neurovegetativo, sono implicati nelle cause di varie malattie psicosomatiche. E con il contributo della sua equipe sostiene che la struttura della personalità individuale può condizionare le difese predisponendo allo sviluppo di determinate malattie. In Italia lo psicologo Ferruccio Antonelli nel 1981 parla di “brositimia”, letteralmente “sentimento ingoiato”, affermando che le persone con disturbi di natura psicosomatica, presenterebbero difficoltà nel reagire alle avversità della vita, al punto che questo loro comportamento è il principale responsabile dei loro disturbi o patologie, D’altronde una spiegazione neurofisiologica ci viene fornita dal neurologo e scienziato americano Richard J. Davidson quando afferma che la resilienza è caratterizzata da una maggiore attivazione nella corteccia prefrontale sinistra rispetto alla destra: con un suo studio randomizzato, realizzato nel 2003, sugli effetti della meditazione e della mindfulness sulla funzione cerebrale e immunitaria, dimostra che un breve programma di meditazione ed allenamento alla consapevolezza determina effetti dimostrabili sulla funzione cerebrale e immunitaria.
Nel 1981, con la scoperta del CRH (Corticotropin-Releasing Hormone), l’ormone che attiva l’asse dello stress, il neurologo americano Bruce S. McEwen scopre che i neuroni del sistema limbico esprimono recettori per i glucocorticoidi, gli ormoni dell’asse dello stress attivato dal CRH; ciò significa che il cervello non solo comanda la produzione di ormoni, ma che, al tempo stesso, ne è anche il bersaglio. Questo un suo passo della pubblicazione dell’epoca:
“Il feedback ormonale sul cervello non solo regola le funzioni ipotalamiche, ma influenza anche le funzioni neurologiche, cognitive ed emozionali. […] Occorre ridefinire la neuroendocrinologia come un campo che studia anche la comunicazione a due vie cervello-corpo, tramite il sistema neuroendocrino, l’immunitario, il neurovegetativo e il metabolico. La ricerca ha scoperto che il rimodellamento dell’architettura cerebrale mediato dagli ormoni è realizzato assieme ad altri mediatori cellulari [come le citochine,ndr]. Questi fenomeni si realizzano tramite meccanismi epigenetici nel corso della vita, che comprendono le avversità nelle prime fasi della vita e la relazione tra stato socioeconomico e salute”.
Bruce S. McEwen, CRH (Corticotropin-Releasing Hormone). In queste parole c’è il percorso che ha condotto la scienza dalla neuroendocrinologia alla neuroendocrinoimmunologia e poi alla Psiconeuroendocrinoimmunologia. Ma la madre biologica della PNEI, come vedremo, non ha cessato la sua attività, che anzi è tuttora in pieno sviluppo.
Parallelamente la ricerca medico-scientifica in ambito clinico e sperimentale conferma tutto ciò con lo studio approfondito della ghiandola endocrina fondamentale nel funzionamento di questo network psiconeuroendocrino, la Pineale o epifisi, inspiegabilmente caduta nel dimenticatoio.
La Ghiandola Pineale, scoperta più di 2300 anni fa, dai medici greci Erofilo ed Erasistrato, ci dice che gli antichi avevano già compreso sinteticamente il suo ruolo centrale nella regolazione della vita spirituale auto-cosciente: il nome stesso epifisi (dal greco epi-fysin) significa difatti “al di sopra della natura”. Secondo una dimensione filosofica, possiamo affermare che la funzione sintetica della ghiandola pineale è quella di rendere possibile una relazione armonica: da una parte fra singolo organismo vivente e condizione energetica dell’universo, dall’altro fra la propria vita spirituale e il corpo biologico. Ed è evidente come la ghiandola pineale, come hanno dimostrato gli studi più recenti di Paolo Lissoni, oncologo medico, ricercatore, Presidente dell’International Institute of PNEI, svolga un ruolo nell’attività anticancro, essendo il cancro la patologia archetipica suprema della perdita dell’unità della persona umana nella sua triade di corpo fisico, psichico e spirituale.
Siamo arrivati alla nascita del sistema PNEI in oncologia: nella seconda metà degli anni ottanta c’è una scoperta fondamentale per questa nuova scienza medica: il linfocito, cellula tipicamente immunologica, produce TSH, ormone ipofisario che regola il rilascio degli ormoni tiroidei. Oltre alla TSH, il linfocito produce numerose altre molecole ad attività neuroendocrina. Ed oggi è ormai noto che non esiste una suddivisione netta, se non in senso classificativo e didattico, fra i mediatori dei tre sistemi che compongono la rete integrata, e che sotto il profilo funzionale, al contrario, le citochine, i neurotrasmettitori e gli ormoni rappresentano una categoria di mediatori appartenenti ad un’unica rete. Ad esempio, ogni cellula del SNC, è in grado di ricevere e produrre segnali dal significato biologico che si esprime funzionalmente nell’area prettamente immunitaria, così come è vero il contrario e cioè che mediatori della risposta immune, aspecifica o specifica, (le citochine), influenzino circuiti prettamente encefalici, in genere con la finalità di incentivare la capacità di modulazione della stessa risposta immunitaria da parte del SNC. E ancora: gli ormoni, molecole considerate appartenenti al comparto di un’area biologica di funzionamento endocrino, in effetti sono in grado di influenzare la risposta immunitaria e di agire in sinergia con SNC e Sistema Immunitario. In estrema sintesi, il sistema PNEI costituisce una rete integrata di autoregolazione che si occupa in primis di fornire le basi biologiche della comunicazione bidirezionale fra i tre sistemi endocrino, immunitario e neuropsicologico. In secondo luogo, sulla base di corpose basi teoriche e sperimentali, quest’ultima ci dice come avviene l’interazione dell’assetto neuropsicologico e psicoemotivo con la sfera chimico-fisica e organica della vita biologica, in condizioni fisiologiche e patologiche. Si può affermare che un’efficace prevenzione e terapia integrata delle malattie, ed in particolare di alcune come il cancro, abbia luogo in prima battuta con un sistema di difesa PNEI performante. D’altra parte oggi sappiamo che l’intestino rappresenta uno dei più importanti baluardi immunitari dell’organismo.
Aldilà della nota funzione digerente, l’intestino rappresenta un importante linea di demarcazione tra il mondo esterno e quello interno; come tale, possiede specifiche difese contro gli aggressori esterni (batteri, virus, parassiti, tossine ecc.). Tra queste difese la più importante è rappresentata dal GALT (Gut Associated Lymphoid Tissue), ovvero tessuto linfoide associato all’intestino. Importante l’attuale contributo della ricerca in questo settore che parla di “microbiota” e di “microbioma”: sta emergendo in modo inequivocabile il rapporto reciproco tra microbioma e sistema immunitario e come da questa reciproca relazione, derivi l’attivazione di una rete ancora più complessa che vede la partecipazione anche del sistema endocrino, del sistema nervoso periferico e centrale.
Quali i rimedi per l’immunomodulazione del microbiota? La risposta ci viene dal Giappone: dopo ricerche iniziate da oltre quarant’anni i ricercatori giapponesi sono riusciti a produrre prebiotici a medio e basso peso molecolare (Arabinossilano composto e Oryzalose) in grado di modulare in modo significativo la risposta immunitaria. Specie se associati a probiotici, come il Lactobacillum Plantarum, efficace nell’attivazione della citochina TRAIL (Tumor Necrosis Factor-Related Apoptosis Inducing Ligand). I contributi della ricerca medico scientifica e della clinica, in ambito della Neuroscienze, della Psicologia, dell’Endocrinologia, della Oncologia medica e della Gastroenterologia indicano che l’approccio PNEI è oggi indispensabile nella prevenzione e nella cura delle più importanti ed attuali patologie, in primis quella oncologica.
Dott. Paolo Vigliar, counselor ASPIC, naturopata esperto in Dietetica olistica e PNEI